martedì 19 luglio 2016

Ma gli automobilisti sognano auto elettriche? - 2: a spasso con Zoe



Al Salone dell'Auto, di fianco alla STAE, faceva bella mostra di sé la LEM, Laboratorio Elettrico Mobile, prototipo del 1974 nato da un'idea del giornalista e storico Gianni Rogliatti e sviluppata dal designer Giovanni Michelotti: una citycar a due posti, compatta e maneggevole, alimentata a batteria.
Di nuovo, un'idea potenzialmente valida non sviluppata come avrebbe meritato: trascorrono infatti quasi 40 anni dalla LEM prima che sul mercato compaiano veicoli come le Renault Twizy e Zoe, due mezzi che coniugano la mobilità urbana in maniera interessante e con un occhio al prezzo. In occasione del Salone, come anticipato qua, ho guidato la Zoe lungo un percorso tipicamente cittadino, tra traffico, semafori, code e pedoni, ambiente ideale per scoprirne maneggevolezza e comfort, un po' meno per la ricerca delle prestazioni pure. Proprio la sede del Salone mi ha anche fornito lo spunto per una prima osservazione, comune per i mezzi a propulsione elettrica o ibrida: sono tutti estremamente silenziosi. Dal punto di vista dell'inquinamento acustico sono molto piacevoli, specie se confrontati con certe auto 'smarmittate' ad arte o per incuria che talvolta si incrociano sulle strade, ma quando ci si muove in mezzo ad una folla distratta, come nella zona degli stand da cui si partiva per effettuare le prove, questo può generare situazioni imbarazzanti. La vettura accesa e pronta a muoversi veniva ignorata o creduta spenta, rendendo la manovra di uscita dal gazebo un gioco di diplomazia e lenti spostamenti fino a conquistare la corsia di partenza. In questo, la Zoe è stata la prima auto elettrica da me provata dotata di un generatore di rumore, strumento che alle basse velocità produce un ronzio per rendere la macchina avvertibile durante le prime fasi dello spunto, per esempio ripartendo al semaforo: non sempre la folla vociante ha prestato la giusta attenzione al segnale, ma la sua utilità è evidente.

La macchina ha una linea molto gradevole, non dissimile dall'attuale versione della Clio per impostazione generale; gli interni sono curati, le plastiche hanno un aspetto piacevole e la dotazione di accessori è interessante, anche se la mancanza del cruise control adattivo o della frenata automatica, assenti anche dagli optional, dimostrano che la lista di accessori disponibili segni il tempo e meriti di essere aggiornata. Anche sulla Zoe è presente la modalità 'Eco', che limita le prestazioni di motore e accessori per aumentare l'autonomia residua; a questo, aggiungiamo che nel 2015 è stato introdotto un nuovo propulsore in grado di garantire un 10% di percorrenza in più, senza modifiche al pacco batterie.
Nel traffico, l'auto si è dimostrata agile e scattante, lo sterzo leggero in manovra e sufficientemente pronto, buona la frenata; il percorso breve e la presenza di traffico, intensificatosi durante la giornata, non ha permesso di analizzare con maggiore dettaglio le prestazioni generali, ma considerando il tipo e la vocazione di questa auto, le condizioni del test erano ideali. Aggiungo poi che sia il driver Renault che io avevamo un accompagnatore ciascuno, perciò posso confermare che la Zoe, omologata per cinque persone, si è rivelata confortevole anche per i passeggeri e dispone di un bagagliaio interessante, non limitato dalla linea o dalla disposizione delle batterie.
Mancando la possibilità di una prova di durata, ricordo che l'autonomia dichiarata di questa auto è di 210km con il motore denominato Q210, di 240 con la versione R240; i propulsori differiscono anche per la potenza massima di carica: l'unità Q210 può accedere anche alla ricarica rapida a 43kW, per il momento preclusa all'altro modello.
Un'ultima considerazione sul prezzo: la Zoe può essere acquistata a partire da 22.100 euro, le versioni più accessoriate possono superare di poco i 25.000; a queste cifre si deve poi aggiungere il canone di noleggio delle batterie, scelta commerciale di Renault valida per tutta la gamma ZE, che comprende i veicoli a emissioni zero della Casa. È attualmente l'auto elettrica più a buon mercato e, facendo un confronto con la i3 di cui parlavo poco tempo fa, con la cifra che si risparmia c'è abbastanza margine per comprare una seconda auto: non è poco.

sabato 16 luglio 2016

Sally, visioni passate di un futuro ormai prossimo

Fonte immagine: QuiNewsValdera

Qualche mese fa mio figlio mi ha domandato se avessero mai costruito un robot in grado di guidare una macchina: l'implicazione del discorso mi ha fatto subito pensare all'immagine 'Asimoviana' di un meccanismo antropomorfo comodamente seduto al posto di guida, mani sul volante e occhi fissi sulla strada. La discussione ha virato quasi subito sulle auto a guida autonoma, perché per quanto possa essere affascinante l'immagine di un autista androide, a prescindere dai problemi di carattere pratico per realizzarlo, questo farebbe perdere lo spazio per un passeggero: di conseguenza, è estremamente più pratico rendere l'auto stessa un robot, come in effetti stanno facendo Google e le principali case automobilistiche. Proprio Asimov, padre letterario di generazioni di robot umanoidi, già nel 1953 aveva anticipato nel racconto Sally molte delle qualità proprie delle auto a guida autonoma: se da un lato aver conferito un carattere definito alle sue auto dal cervello positronico si può considerare un eccesso di ottimismo, l'intuizione che in futuro le autostrade possano essere riservate a veicoli a guida autonoma, capaci di decisioni e reazioni più rapide di qualsiasi pilota umano, mi sembra molto meno azzardata. Questa tecnologia non è ancora disponibile sulle auto in commercio, ma come dicevo numerosi prototipi stanno circolando da tempo, misurandosi con situazioni di traffico reale allo scopo di evidenziare difetti e limiti di programmazione. Durante la sperimentazione, queste auto sono state coinvolte in piccoli tamponamenti per errori umani, un involontario blocco di un incrocio per eccesso di prudenza da parte del software e una strisciata sulla fiancata di un pullman, a tutti gli effetti l'unico vero incidente causato da un errore del sistema: tutto questo evidenzia la già notevole affidabilità di questi veicoli-laboratorio e al contempo fornisce dati preziosi per il miglioramento di software e hardware.
Mentre riflettevo sulla questione durante le scorse settimane, la cronaca ci ha portato la notizia del primo incidente mortale avvenuto su una vettura, titolano erroneamente molte testate, a guida autonoma; protagonisti, un camion, una Tesla con la funzione 'Autopilot' inserita ed il suo appassionato proprietario. Ricordando che questa funzione non è un pilota automatico, ma un sistema molto avanzato di assistenza alla guida, poco tempo fa avevo visto questo video, pubblicato proprio da questo autista per mostrare al mondo l'efficacia di questi sistemi e sottolineare il suo apprezzamento per quanto sviluppato dagli ingegneri di Fremont. Io non ho ancora avuto modo di provare nei particolari e in sicurezza un’automobile dotata di frenata automatica o di regolatore di velocità adattivo, ma sono storicamente un fautore dei sistemi che migliorano la sicurezza passiva e soprattutto attiva dei veicoli. Molti di noi hanno percorso i loro primi chilometri al volante di auto prive di controllo della trazione o della stabilità, ora vari produttori hanno messo in commercio modelli che vantano sterzata attiva, torque vectoring, controllo dell’angolo cieco e, appunto, frenata automatica, giusto per citare alcuni sistemi piuttosto diffusi. Il dispositivo in dotazione alla Tesla integra le informazioni di svariati sensori e sfrutta numerosi servocomandi per assistere la marcia del veicolo in colonna e in situazioni normali, prevenendo quanto possibile impatti dovuti a distrazione, ma nessun sistema, per raffinato, collaudato ed evoluto che sia, potrà mai superare i limiti imposti dalle leggi della fisica. In compenso, sappiamo che lo stesso sistema sarà molto più costante nel rispettare regole e parametri, come dimostrano le immagini girate durante la prova effettuata dal bravo Paolo Massai: raramente ho visto guidatori umani osservare le distanze di sicurezza con altrettanto zelo.
Da quando ha implementato l'Autopilot sui propri mezzi, Tesla raccoglie quanti più dati possibili relativi agli spostamenti effettuati con questa funzione inserita, sempre con lo scopo di migliorare il comportamento delle vetture perfezionando costantemente il programma di gestione del veicolo. In merito all'incidente avvenuto lo scorso maggio ho solo opinioni, le indagini sono attualmente in corso e non possiedo informazioni sufficienti; giusto oggi ho letto una ricostruzione dettagliata dei fatti, ma nessuna responsabilità è stata ufficialmente attribuita. I dati, però, qualcosa ci raccontano: il primo incidente fatale su una macchina con Autopilot in funzione si è verificato dopo 210 milioni di chilometri percorsi, contro una media di uno ogni 160 milioni di chilometri per quanto riguarda la guida umana, secondo le statistiche americane. L'automobile 'robot' potrà essere ancora oggetto da racconto di fantascienza, ma la sicurezza della guida semiautonoma, per quanto mi riguarda, non viene messa in discussione da un singolo, tragico episodio.

19/01/2017: Aggiornamento
L'Nhtsa, l'ente Americano preposto alla vigilanza sulla sicurezza stradale, ha comunicato la chiusura dell'inchiesta relativa all'incidente mortale di cui parlavo. Alla Tesla non verrà imposto di effettuare alcun richiamo sulle auto circolanti, il sistema non presenta difetti ed è in costante aggiornamento: i cambiamenti introdotti negli ultimi mesi lo hanno reso ancora più sicuro. Sempre da quanto comunicato dall'ente, nel caso in questione pare che tra le cause dell'impatto ci sia stato un uso troppo disinvolto del sistema 'Autopilot'.

martedì 5 luglio 2016

Ma gli automobilisti sognano auto elettriche? - 1



La splendida STAE qui ritratta è un'auto a batteria del 1909; cercando informazioni sulla Società Torinese Automibili Elettrici (al maschile, non è un refuso), ho scoperto che i primi modelli prodotti da questa Casa erano benzo-elettrici: i motori elettrici venivano alimentati da un alternatore attivato da un motore a scoppio.


Quando leggo simili notizie, mi domando cosa sarebbe successo se nel secolo scorso la ricerca relativa alle auto elettriche avesse continuato senza interruzioni fino ai giorni nostri; la storia ci racconta che case come la STAE hanno chiuso in pochi anni, perdendo la competizione con i produttori di motori a combustione interna, divenuti così dominatori incontrastati del mercato.
Negli anni '90 del secolo scorso si rivede qualche tentativo di riproporre auto a propulsione elettrica: in Italia fa la sua comparsa la Panda Elettra, in America la General Motors propone la EV1. Ricordo ancora in Piazza VIttorio Veneto a Torino il triste parcheggio per le Panda Elettra in car sharing, generalmente ignorato dagli utenti. Ora servizi come Car2Go o EnJoy sono molto richiesti, ma anche un sistema come quello lanciato nel 1995 dalla città di Torino aveva delle notevoli potenzialità; probabilmente la scarsa autonomia dei mezzi a disposizione ha decretato una fine prematura per un progetto all'avanguardia per l'epoca.
Più di recente, abbiamo assistito all'arrivo della Tesla Roadster, eccezionale vettura sportiva e dimostrazione che le auto elettriche possono confrontarsi alla pari con quelle 'tradizionali' anche sotto l'aspetto del divertimento, e alla nascita di macchine come la Mitsubishi I-Miev e le sue 'sorelline' a marchio Peugeot e Citroën, decisamente meno performanti, ma tra le prime '4 posti' di serie a presentarsi sul mercato.
Adesso la scelta di modelli adatti a farci dimenticare i distributori di benzina è maggiore, con un'offerta accessibile anche dal punto di vista dei prezzi; resta, è vero, ancora qualche perplessità per quanto riguarda l’autonomia, ma per l’utilizzo medio di chi compie il tragitto casa-lavoro il problema è ormai alle spalle, con modelli che offrono percorrenze superiori ai 100km a batteria carica. In pratica, la palla passa ai responsabili delle infrastrutture: la diffusione di punti di ricarica sul territorio potrebbe fornire un’ulteriore spinta alla diffusione di questa categoria di vetture e dare sollievo a chiunque patisca l’ansia da batteria scarica.
Alcuni costruttori hanno affrontato la questione da un differente punto di vista: generare elettricità a bordo per allontanare la necessità di una ricarica. Le cosiddette plug-in hybrid compiono un primo passo in questa direzione, permettendo di percorrere qualche decina di chilometri a velocità sufficiente senza dover ricorrere al motore a scoppio: una discreto compromesso, ma prestazioni e autonomia con il solo motore elettrico non sono attualmente comparabili con quelle di una vettura elettrica 'pura'. Pioniera in questo nel 2010 è stata la Chevrolet Volt/Opel Ampera, vettura molto interessante per la linea gradevole e le buone prestazioni generali: l'autonomia garantita dalle batterie non superava di molto i 60 chilometri, ma veniva più che decuplicata grazie al contributo del motore a benzina da 1,4 litri che entrava in funzione a batterie quasi scariche o in casi particolari per fornire un surplus di potenza. In ogni caso, le prestazioni massime venivano raggiunte con la batteria, per cui l’auto è a tutti gli effetti una EREV, extended range electric vehicle.
E, parlando di EREV, arriviamo alla vera protagonista di questo post, la BMW i3.

Lo scorso anno ho avuto la possibilità di testarne le qualità dinamiche sulla pista di Vairano: l’auto pesa circa 1200kg, il motore da 125kW la porta da 0 a 100 km/h in 7,2 secondi. La ripresa è molto brillante e tra i cordoli è piacevolmente agile, nonostante le ruote dalla misura peculiare (155/70 su cerchi da 19”, piuttosto strette per gli standard odierni); il posto di guida, come ci si aspetta da una vettura di un marchio ‘premium’, ha un aspetto molto moderno, è confortevole e i comandi sono correttamente disposti. Sorprende, per chi ha abitudini ‘europee’, il selettore per il cambio automatico monomarcia di fianco al volante: un manopolone con cui si imposta la direzione di marcia, avanti o indietro, o le posizioni di ‘folle’ e arresto.
(Piccola digressione: il design del selettore mi ha ricordato alcune soluzioni delle Citroën degli anni ‘70 e ‘80, viste ad esempio sulle Visa o le Axel:
Certo, con qualche piccola differenza...)
Del resto, non serve molto altro, dal momento che una volta iniziato il viaggio tutto si controlla con sterzo e pedali. Anzi, potremmo parlare al singolare: il pedale dell’acceleratore oltre a spingere la macchina ne permette anche l’arresto. Premendolo, il veicolo scatta in avanti, in rilascio un sollevamento repentino del piede porta all’accensione degli stop ed all’arresto del veicolo, come se avessimo premuto progressivamente il freno. Questo è conseguenza del meccanismo di recupero di energia in rilascio, che la BMW ha sfruttato e predisposto per ottenere questo risultato e al contempo ottimizzare la ricarica delle batterie in marcia; sono contento che driver anche più esperti di me concordino che il sistema richiede qualche chilometro di assuefazione, ma una volta fatta l’abitudine questa caratteristica permette di sfruttare la i3 con molta comodità, tanto da poter scordare l’altro pedale nell’uso normale.
In definitiva, su strada l’auto si muove molto bene, l’abbinamento tra passo lungo e trazione posteriore la rende anche maneggevole e, complice la lunghezza di soli 4 metri, abbiamo una macchina perfettamente a proprio agio sia in città che sui percorsi extraurbani. A tutto questo dobbiamo aggiungere il vantaggio fornito dal ‘range extender’, il bicilindrico a benzina da 650cc che con i suoi 28kW di potenza permette alla vettura di raddoppiare la propria autonomia, portando così a termine un eventuale viaggio di lunghezza maggiore. Inoltre, è di questi giorni la notizia del lancio commerciale del nuovo accumulatore da 94Ah, in alternativa a quello da 60Ah ancora in commercio: con la batteria più capiente l’autonomia dichiarata è di circa 200km, che con il range extender diventano 330.
Oltre a quanto nasconde sotto pelle, questa macchina è interessante anche per la linea:
dicevo prima delle misure compatte, aggiungo che la soluzione delle quattro porte con apertura ad armadio, senza montante, a me piace già dai tempi della Mazda RX8. Là era applicata per coniugare sportività e praticità, qua per favorire l’accessibilità ai posti posteriori senza dover ricorrere a una linea a 5 porte classica.
Il risultato per me è esteticamente appagante, ma come ci si trova quando si fanno i conti con l’aspetto pratico di questa soluzione? Ho avuto la risposta durante il test in occasione del Salone dell'Auto di Torino, lasciando il volante a chi non aveva ancora provato la macchina e sedendomi dietro, da bravo passeggero. Il sedile è confortevole, l'auto è omologata per quattro persone, quindi lo spazio a disposizione risulta abbondante; probabilmente avrei preferito qualche centimetro di seduta in più, ma si tratta più di una questione di gusti personali. L'accessibilità è decisamente buona, l'unico limite strutturale di questo sistema di apertura è l'impossibilità di sbloccare la sola porta posteriore indipendentemente da quella anteriore. Il viaggio, prevalentemente urbano lungo un percorso che ha messo in risalto la maneggevolezza della vettura, non è stato lunghissimo, ma la sensazione è che avrei potuto percorrere molta più strada senza particolare affaticamento. Per programmare una gita fuori porta con la i3 e un paio di amici, direi che gli ostacoli principali potrebbero essere la capienza del bagagliaio, limitata dalla presenza del motore e pertanto un po' 'giusto' per una vettura da 4 metri, e la necessità di recarsi in un luogo dove si possa ricaricare la batteria, soprattutto se si opta per la versione priva di range extender: è vero che con l'accumulatore da 94Ah l'autonomia è aumentata, ma in qualche modo dovremo anche tornare a casa.
Ultima riflessione su quello che non è propriamente un difetto ma una caratteristica di questa auto: il prezzo della i3 parte da 36.500 euro, ma scegliendo la versione con batteria più capiente, range extender e alcuni accessori utili è facile spingersi oltre i 45.000. Giocando con il configuratore online ho stilato un preventivo prossimo ai 50.000, sufficiente a scoraggiarmi... I contenuti ed il marchio della macchina sono tali da giustificare queste cifre, ma siamo ancora a livelli tali da frenare chi, pur avendo intenti ecologisti, deve fare i conti con una disponibilità economica più limitata.
Questo, comunque, non significa che non vi sia la possibilità di accedere alla mobilità elettrica anche con budget inferiori: presto torneremo a parlare di veicoli elettrici, con la prova di un'altra interessante berlinetta a batteria, non perdetevela.