domenica 22 maggio 2016

Ricordi 'low-tech'


Io appartengo a una generazione cresciuta per circa metà della sua vita priva di alcuni di quei dettagli che oggi fanno parte di ogni nostra giornata. Qualche esempio? Da ragazzino ascoltavo la musica su dischi di vinile, il telefono era rigorosamente fisso, con disco selettore e una pesante cornetta, la televisione l'unico schermo di casa a fornire intrattenimento per tutti.
Anche le auto erano differenti. Non tanto esteticamente, le linee si stavano raffinando con un occhio all'estetica e uno all'aerodinamica, ma sotto pelle sicurezza ed ecologia avevano ancora passi da gigante da compiere: l'ABS, nato nel 1974, è diventato obbligatorio solo nel 2004 insieme agli airbag e il programma Euro NCAP è del 1997; nei primi anni novanta moltissime auto erano prive di convertitore catalitico, all'epoca non si parlava di sistemi di infotainment ma di autoradio, estraibili e con lettore di cassette (sì, anche io andavo a spasso con la pesante scatoletta sotto il braccio per non lasciare lo stereo in auto, potenziale preda di furti occasionali). In alcuni casi il limite era tecnologico, in altri probabilmente una certa pigrizia nell'implementare su auto di grande serie alcuni sistemi utili ma con un apparente scarso rapporto costi/benefici; tutto questo rendeva le vetture dell'epoca un po' più leggere e compatte delle attuali, non necessariamente più parche nei consumi, più inquinanti e decisamente meno efficienti nei crash test.
Le prime auto di cui ho memoria sono figlie degli anni '60, la Fiat 132 e la Renault 6, le due auto di casa. Della prima ho qualche ricordo legato al colore (blu scuro) e... ai copricerchi cromati: mi piacevano così tanto che la prima parola che scrissi fu proprio 'FIAT', la sigla che campeggiava al loro centro. Della seconda, rimasta in famiglia per qualche anno in più, rammento più dettagli: la grigia carrozzeria spigolosa, lo spazio interno, che ad occhi di bambino sembrava immenso, e la leva del cambio che spuntava dal cruscotto invece di essere incernierata al pavimento, oltre ai comandi decisamente spartani.
Degli anni successivi, mi ricordo alcuni mezzi di amici o parenti: per esempio la Lancia Fulvia dello zio, coeva delle precedenti, su cui chiedevo di viaggiare ogni volta che si percorreva un tratto di strada insieme; le Renault 20 e 30, alcuni anni dopo, mi fanno ripensare ad un aneddoto divertente solo perché visto a distanza di anni: sulla R30 di famiglia avevo scoperto per la prima volta la chiusura centralizzata. In occasione di una sosta, sceso per ultimo, pensai bene di chiudere la macchina senza usare le chiavi, come avevo imparato a fare trafficando con i comandi. Peccato che le chiavi suddette fossero state lasciate all'interno da mio padre... Il conseguente problema di accesso fu risolto con l'intervento di un simpatico trapano, dopo aver spiegato la manovra di chiusura al sorpreso genitore, che ignorava il trucco, ed avergli garantito che non mi sarei più prodotto in simili prodezze.
Qualche anno dopo, il mio primo amore giapponese: una Subaru Leone GL seconda serie station wagon, di colore rosso. Se escludiamo l'indicatore di porte e bagagliaio mal chiusi, la strumentazione era nella norma e gli interni spartani, ma due caratteristiche tipiche della Casa giapponese la rendevano peculiare e, ai miei occhi, unica: il motore boxer e la trazione integrale inseribile. Troppo giovane per guidarla, mi ricordo dell'efficacia con cui affrontava le salite innevate anche in mani poco esperte, complici le marce ridotte e le gomme sufficientemente strette; negli anni in cui ha fatto parte della nostra famiglia si è dimostrata decisamente affidabile, tanto che al momento di sostituirla è stata acquisita da un conoscente, lieto dell'occasione. Suo figlio, qualche settimana dopo l'acquisto, mi ha portato a fare una gita su sterrato tra i vigneti delle Langhe. Con l'auto lavata il giorno precedente dal padre, decisamente contento al nostro rientro di veder tornare la vettura coperta di fango, intatta ma decisamente sporca...
L'ultima protagonista di questa carrellata è una macchina che mi è rimasta impressa per le innovazioni tecnologiche di cui faceva sfoggio, la Renault 25: cruscotto dalle linee moderne, numerosi comandi retroilluminati ordinatamente distribuiti per l'abitacolo, trip computer e sintesi vocale per la comunicazione di dimenticanze e anomalie. Quest'ultima chicca non ha avuto una grande diffusione, vuoi per l'elettronica perfettibile, vuoi per la mancanza di una reale efficacia del sistema: un suono abbinato ad una spia è più immediato di una vocina che scandisce la frase "Porta anteriore destra mal chiusa!", ma si era negli anni '80, c'era 'Supercar' in televisione e un'auto parlante permetteva di immaginare che la fantascienza si stesse mutando in realtà, soprattutto per un ragazzino appassionato di motori.
Arriviamo così al 1990: compivo i fatidici 18 anni, finiva la vita da passeggero ed iniziava l'esperienza da guidatore...

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