domenica 28 agosto 2016

Oggi cosa guiderò? - 1



 Estate, tempo di viaggi e di vacanze. Com’è prevedibile non mi spaventa spostarmi guidando: l’auto è versatile, non ha orari o fermate obbligate, concede una notevole libertà; non è il mezzo perfetto, ma presenta alcuni innegabili vantaggi. Tra gli svantaggi, il fatto di non poter percorrere più di un migliaio di km al giorno e al patto di fermarsi lungo il tragitto solo per eventuali soste tecniche di rifornimento o di indispensabile relax: guidare è piacevole, d’accordo, ma le pause per sgranchirsi le gambe e riposare gli occhi sono vitali. Oltre a questo, se i giorni a disposizione sono pochi trascorrerne la maggior parte al volante non sempre è una soluzione attraente, meglio sfruttare un aereo o un treno, quindi per non rinunciare del tutto alle quattro ruote ogni tanto mi piace cogliere l'occasione di affittare un’auto sul posto: oltre all’indipendenza già ricordata prima, c’è anche il divertimento della sorpresa di scoprire quale mezzo mi troverò a guidare nel mio viaggio. La prima volta che ho avuto questo piacere risale al 2002, in occasione di un viaggio oltreoceano organizzato per incontrare alcune ramificazioni della famiglia presenti negli Stati Uniti e al contempo trascorrere qualche giorno a zonzo per gli sterminati stati del West, rimasti fino ad allora scenari ammirati al cinema o in televisione. Il viaggio prevedeva la partenza da San Diego per raggiungere il versante sud del Grand Canyon attraversando l’Arizona, un’immersione nel panorama della Monument Valley, il superamento del fiume Colorado passando dalla diga sul Glen Canyon, la visita al Bryce Canyon, una tappa a Las Vegas e la corsa finale verso San Francisco, fermandosi a Mammoth Lakes e allo Yosemite National Park: circa 3000km, pardon, 1850 miglia, in una decina di giorni. L’auto che mi ha stoicamente trasportato in tutti questi luoghi è stata lei:


la Chevrolet Cavalier, una simpatica berlina 3 volumi spinta da un motore 4 cilindri 2,2 litri da 115cv. La prima impressione è stata particolare: all’epoca avevo una Toyota Yaris 1,3l piuttosto scattante, poco assetata di benzina e ricca di accessori, seduto al volante della Cavalier mi sono trovato un mezzo decisamente spartano, privo di alzacristalli elettrici ma dotato di cruise control e imprescindibile climatizzatore, il cui compressore però si spegneva quando la richiesta di potenza aumentava, ad esempio in salita e con un motore la cui pigrizia era evidenziata dal cambio automatico a quattro marce. Le sospensioni ‘americane’ e le generose dimensioni del corpo vettura, 4,6 metri di lunghezza, la rendevano confortevole, spaziosa e dotata di un bagagliaio estremamente capiente, ottimo per ospitare tutti i bagagli ed eventuali souvenir da raccogliere in viaggio. Nonostante la prima impressione un po’ sconcertante, dovuta prevalentemente al confronto tra la giapponesina cui ero abituato e questa ‘compact’ dall’assetto morbido e dal motore quieto, ho fatto presto amicizia con la Cavalier: per viaggiare a velocità da codice non servono potenze elevate o motori V8, ma un mezzo in grado di portarti a spasso comodamente per tutta la durata del viaggio, cosa che questa auto ha fatto molto onestamente, accompagnandomi in vari luoghi memorabili.
 

Il giro in Lombard Street, una delle strade più famose di San Francisco, ha visto la fine dell’idillio, perché alla conclusione della giornata in città si è accesa sul cruscotto la spia dell’OBD, con l’indicazione ‘Check Engine’: la Cavalier, dopo aver attraversato deserti e canyon, stava chiedendo una meritata pausa, fortunatamente in un luogo dove fosse facile rimediare all’inconveniente. Dopo averla ringraziata, fotografata e riconsegnata alla sede locale della Alamo ho ricevuto in sostituzione una Mitsubishi Lancer: motore più piccolo e brillante, interni più ricchi e assetto leggermente più rigido, un ottimo mezzo per i restanti giorni di noleggio, ma la gita ai Muir Woods e il successivo viaggio da Frisco a Reno non sono stati sufficienti per instaurare un feeling anche solo paragonabile a quello creatosi con la bolsa ma instancabile Cavalier.


Una riflessione sulle mappe, oggetti che sembrano appartenere ad un’epoca remota: queste carte stradali ci hanno permesso di attraversare quattro stati raggiungendo ogni meta senza particolari imprevisti, con l’unico incomodo di dover talvolta gestire ampi fogli spiegazzati all’interno dell’abitacolo. Considerando la quantità di simulazioni che in questi anni ho compiuto su Google Maps prima di affrontare ogni viaggio, ogni tanto mi domando se ne sarei ancora capace; e mi viene voglia di ripartire, armato di cartine, per un viaggio un po’ più avventuroso...

4 commenti:

  1. Ehi! Mi pare di riconoscere quella grande macchina rossa, così morbida sulle sospensioni, così "diversa" per una come me abituata alle auto italiane... ;)

    RispondiElimina
  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  3. Io sarei andato da Omaha a Tucson su una Pontiac, ma tutti i gusti sono gusti... 8-)

    RispondiElimina